lunedì 23 novembre 2009

l'insubordinazione #2

L’uomo, di statura bassa, capelli bruni, carnagione abbronzata, corporatura esile, incensurato e perciò insospettabile, aveva lasciato la propria residenza senza dare traccia di sé ai famigliari, uscendo di casa come un sonnambulo nel cuore della notte sotto il chiarore di una luna nefasta. Il disgraziato, che aveva messo su un po’ di pancetta negli ultimi tempi, la barba ispida, i capelli scompigliati, come smarrito in una landa desolata, aveva vagolato per un tempo imprecisato lungo le vie della città di Torino, poi era approdato alla stazione centrale dove come un barbone aveva trascorso il resto della nottata dormicchiando su di una panchina con accanto il suo fucile .Alle prime luci del mattino, come convogliato su di un binario dalla forza motrice dell’arma, aveva puntato (quasi un soldatino in congedo), verso quel condominio in via della Sciagura 45, dove aveva affittato una stanza all’ultimo piano, pagando per un mese. C’era da puntualizzare che quel buco ostile non gli apparteneva per niente.
Antonio se n’era reso conto appena varcata la soglia, si capiva in effetti che egli era manovrato da qualcuno che lo aveva preso in ostaggio, come in un rapimento….. Lui di certo non avrebbe avuto simili propensioni! : un puzzo malsano, di chiuso e malaticcio aleggiava tra le mura, che oltretutto erano scrostate per l’umidità; un’area spoglia di mobilio, in una palazzina che ospitava all’incirca una cinquantina di residenti (quasi tutti extracomunitari clandestini, perlopiù trafficanti di droga e prostitute) nella via più malfamata della città, elementi questi che certo non si confacevano per nulla alla sua personalità d’avvocato tutto d’un pezzo, che si era fatto una certa clientela da molto tempo e una stima di personaggio importante, di uomo che conta.
Il fatto è che tale luogo era privo di memoria. Quella stanza in effetti, era asettica, vacua, totalmente esente dai ricordi d’Antonio, dai quarantotto anni di vita o giù di lì che si portava appresso, non aveva niente da spartire con la sua esistenza il buco sudicio; piuttosto le pareti sembravano presagire e trasudare una lugubre atmosfera di morte…Probabilmente, in passato all’interno dell’appartamento era stato consumato un omicidio in piena regola, o forse era stato trovato riverso sul pavimento, il cadavere di un uomo deceduto per una dose di droga tagliata male……. «Che ci faccio io qui, ubicato in un luogo così fatiscente?»
Ma Antonio non sapeva darsi una risposta. Ora le presenze oscure, ristagnanti dalla sporcizia e dal putridume che regnava nel locale stavano per affiorare, a fomentare in lui l’istinto di morte, e lo avrebbero spinto inesorabilmente ancora più in fondo nell’oblio, in un viaggio di sola andata, ove era la perdita dell’uomo. Insomma il marcio che c’era stato, e di cui le stanze della palazzina erano impregnate, di lì a poco si sarebbe sprigionato in tutta la sua irruenza. Infatti, pochi istanti dopo,a conferma di questo suo presentimento, l’avvocato scorse alcuni grossi topi affiorare improvvisamente da sotto il mobile, e per giunta gli venivano incontro come trottole impazzite. «Andate via, bestiacce schifose» inveì contro di loro Antonio, e sferrò prontamente un calcio al corpo fetido di uno che andò a spappolarsi contro il muro con un rumore viscido e un tonfo sordo, mentre le interiora scivolavano lungo l’intonaco. I roditori lo circuivano e lo esortavano a compiere il suo dovere, per ordine del loro Superiore …..Si sentiva soprassedere da questi animali, era come se inavvertitamente qualcuno si fosse messo prepotentemente alla guida della sua automobile, e lui ora rassegnato a prendere il posto del passeggero….. Antonio era in balia di tutta quella tremenda macchinazione, ordita contro di lui. Un altro ratto dalle proporzioni smisurate, la coda rosa in netto contrasto con il folto pelo nero, occhi raggelanti, si avventò sulla caviglia d’ Antonio e morse avidamente la carne. Un fiotto di sangue improvviso zampillò sul pavimento, l’avvocato cacciò fuori un urlo brutale, e si chinò, piegato in due dal dolore…«Va bene, maledizione eseguirò gli ordini, non vi preoccupate, farò quanto mi è stato comandato»…
I ratti squittivano cupidamente emettendo suoni spaventosi cha facevano vibrare le budella e accapponare la pelle. Parevano soddisfatti del risultato ottenuto, uno di loro ,probabilmente il leader del gruppo, all’incirca un metro di altezza, s’inerpicò magistralmente sul muro in cima al davanzale, accanto al fucile puntato sulla strada. Con un altro imprevedibile balzo salì in groppa alla spalle d’Antonio ,poi arrotolò il codone che era come la prolunga di una spina, attorno al collo dell’avvocato ….«Bastardo, sto soffocando, che qualcuno mi aiuti!, esclamò il poveretto, ormai al limite delle forze. A quel punto, un po’ alla cieca, visto che la vista se ne stava progressivamente andando e una nebbia improvvisa gli copriva il mondo, esercitò una discreta pressione sul grilletto, quanto bastava far partire il proiettile, come un missile diretto laggiù sulla strada trafficata .
La detonazione riempì il mondo, la pallottola andò a conficcarsi proprio sul pneumatico di un camion, il quale perse il controllo della strada andando a schiantarsi contro una panchina dove era seduta una giovane madre, più o meno sui vent’anni, con la sua dolce figlioletta dai capelli biondi come Riccioli D’oro, la ragazzina del film. Poi il mezzo si rovesciò su se stesso e andò a terminare la sua corsa contro un albero incendiandosi completamente Quindi le fiamme divamparono selvaggiamente divorando tutto quanto era intorno Anche altre vetture vennero coinvolte nel sinistro e nelle lingue di fuoco ,con una sorta di tamponamento a catena, in quello che pareva il principio dell’inferno. Ora dalla strada giungeva il suono impazzito di un clacson, altri subito dopo a seguirlo. Il caos era ovunque, le grida della gente giungevano dalla strada e testimoniavano la disperazione più totale. A quel punto il grosso ratto mollò la presa dal collo d Antonio e soddisfatto se ne fuggì via seguito dal resto della ciurma .L’avvocato rincominciò a respirare a pieni polmoni, l’aria è vero, usciva un pò a fatica, tuttavia il meccanismo si stava ripristinando, nel frattempo la vista lentamente affiorava. Cadde a terra, evidentemente sotto shock, e subito scoppiò in un pianto dirotto, i singhiozzi erano irruenti e gli provocavano violente contrazioni allo stomaco.
Terminata la crisi egli era di nuovo all’opera, appostato sul davanzale, brandendo l’arma tra le mani per continuare la sua missione. Dalle varie stanze in quel momento precipitavano afone le voci impersonali degli altri inquilini, a volte un brusio sommesso e indecifrabile nella stanza accanto, oppure qualche schiamazzo di ragazzetto adolescente nel pianerottolo, una madre che esortava il suo figliuolo da un finestra più sotto a tornare a casa.

(grazie ancora a lucazan)

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