sabato 21 novembre 2009

l'insubordinazione

All’ultimo piano dell’edificio, in una palazzina comune di trentacinque interni (di un colore grigio topo, risultato dello smog), collocata nel pieno centro della città di Torino, Antonio Solerte, di professione avvocato penalista, anni 48, si apprestava a portare a termine contro il suo proposito, un deplorevole, infausto, folle piano di distruzione, un eccidio senza precedenti………Si, avete capito bene, non di sua iniziativa compiva l’azione, poichè si sarebbe detto che egli fosse stato pilotato da qualcuno che lo teneva sotto scacco.
Comunque sia, a prescindere dalla responsabilità, il protocollo consisteva semplicemente nel praticare una sorta di tiro a segno sulle persone (ma qui non si trattava di innocui gavettoni) che s’accingevano a transitare là sotto, lungo la strada, abbacinate nella pinguedine delle domestiche faccende . Il piano oltretutto, prevedeva d’assestare colpi di proiettile anche agli abitacoli delle autovetture, magari alle gomme, laggiù, ove vaneggiava lo sciame inesauribile del traffico,per porre fine a tutto quel via vai implacabile, onde causare collisioni che potessero in qualche modo coinvolgere altri mezzi, provocare scontri frontali con più morti possibili, generando il caos.
Dunque, è bene precisare che l’uomo in questione, era solo una vittima e niente di più, si trattava infatti di una pedina manovrata dall’arma che reggeva fermamente tra le mani, dal momento che questa, assumendo per così dire le vesti del carnefice, incredibilmente e inspiegabilmente, aveva come ottenuto pieno regime su di lui, vincolandolo al suo bieco volere .
Si poteva affermare che Antonio e l’arma erano oramai una cosa sola, vivevano come in simbiosi, tant’è che risultava arduo delimitare il confine che li separava, i loro corpi sembravano fabbricati l’uno per l’altro, come saldati insieme, assemblati in una stretta cieca alleanza . Così il fucile pareva essere indiscutibilmente il prolungamento del braccio destro dell’uomo, un tutt’uno con esso ,quindi qualcosa di vivo, forse addirittura costituito di carne, ossa e sangue, con un cervello proprio , una mente sopraffina e superiore che defraudava l’altro encefalo, quello di Antonio, che veniva come inglobato in questo . Il fucile simbionte, parassita, traeva benefici dall’associazione a spese dell’ospite, si nutriva a scapito di costui, della sua inesauribile sete di sangue ……L’avvocato era costretto a sacrificare vittime innocenti per il volere dell’arma ,come a una divinità superiore.
Questa era dunque l’egemonia, il dispotismo, la prevaricazione instaurata subdolamente dal fucile che soverchiava l’arbitrio dell’avvocato, raggirando la sua volizione. Era già da un po’ di tempo in effetti che in città non accadevano ammazzamenti, il che induceva a supporre che era giunto il momento di far versare un po’ di sangue innocente, anche perché le notizie di cronaca ne risentivano di questa crisi, e la gente concordemente non acquistava giornali.
Lungi dal farsi degli scrupoli il fucile tirannico, di punto in bianco, come in una sorta d’anarchia, aveva preso il pieno controllo della situazione mettendo sotto il suo condizionamento Antonio e costringendolo in quell’impresa che aveva, lasciatemelo dire, dell’incredibile. Ora una temibile ghigliottina era tesa sulle teste delle persone, che ignare della loro sorte transitavano lungo la strada, e l’avvocato reggeva la cordicella che avrebbe azionato il tutto. Non c’era modo di tirarsi indietro, ora il nefasto destino della gente era nelle sue mani .
Quello era solo l’incipit, se tutto fosse andato per il verso giusto, probabilmente anche altre armi avrebbero aderito all’iniziativa, prendendo d’esempio il temibile schioppo. L’uomo se ne stava là, trastullandosi nelle sue congetture, senza un motivo legittimo per giustificare quello che stava per compiere, piantonato sul davanzale dell’ampia finestra come un cecchino, prendendo di mira la calca, e avrebbe relegato la morte senza mezze misure, come confezionando tanti pacchetti regalo. Si, si, certamente, senza tante requie lo avrebbe fatto ( e non per burla) : qua e la indistintamente con forma blanda ,non c’erano sconti ne favoreggiamenti di sorta ,non era uno piuttosto che un altro….. Si sarebbe detto d’ intravedere una logica in quel disegno nefasto ,forse avrebbero reclamato alcuni ,a questa persona era stato fatto un torto, l’amministrazione ,lo stato, l’intera nazione , o chicchessia era chiamata in causa .
Dunque, a rigor di logica, per sete di rivalsa ora essa faceva fuoco vendicandosi sulla moltitudine. Niente di tutto questo, non c’era in realtà un movente razionale che potesse giustificare le sue azioni . Si capisce che risultava impervio avvalorare questa ipotesi ,ma l’incredibile evento avveniva proprio sotto le direttive dell’arma squilibrata che Antonio reggeva tra le mani tremolanti, dalla quale sembrava scaturire una fonte d’ energia enigmatica e inesauribile, che pareva attrarre a se la povera vittima come una calamita ,soggiogandola completamente
«Aiuto», intanto gridava atterrito il poveretto al suo pubblico giù in strada, pieno di torbido sgomento, « non sono un assassino, non voglio arrecare del male fisico a nessuno io, è il fucile casomai, che mi tiene sotto torchio, che qualcuno mi liberi da questa dittatura, perdiana ! »……..
Ma egli non dimentichiamolo, era all’ultimo piano, e poi a quell’ora di punta, con tutto quel viavai di macchine, in quella processione inesauribile, come avrebbe potuto attirare l’ attenzione degli automobilisti?

(continua....)
(grazie mille a lucazan per la partecipazione e il sostegno)

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